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La Dislessia Evolutiva: come riconoscerla ed affrontarla

  • Immagine del redattore: Gabriella De Stefano
    Gabriella De Stefano
  • 24 gen 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

In questo articolo vi parlerò brevemente di uno dei Disturbi dell’Apprendimento più diffusi: la Dislessia Evolutiva, che interessa sempre più bambini nelle nostre scuole (la prevalenza è oscillante tra il 2,5 e il 3,5 % della popolazione) e può diventare un serio problema per il successo scolastico dei ragazzi. Ma, con il giusto intervento, il suo impatto negativo può essere contenuto in modo adeguato.

Mio figlio è dislessico?

La Dislessia Evolutiva è uno dei quattro Disturbi Specifici dell’Apprendimento che sono elencati nei manuali diagnostici (DSM-5 e ICD-10) che i professionisti sanitari utilizzano per identificare le difficoltà osservate nei pazienti.

Essa si presenta come una marcata lentezza e/o scorrettezza nella lettura di parole, di brani, o di non parole – a seconda dei casi. Il bambino dislessico è un bambino che ha un’intelligenza nella norma e non presenta deficit visivi né uditivi tali da poter spiegare la difficoltà di lettura. Inoltre la dislessia si associa spesso ad altri DSA, ad esempio la Disortografia (presenza di numerosi errori ortografici nella scrittura, nonostante gli insegnati si siano impegnati a correggerli in modo adeguato) o la Discalculia (difficoltà nel fare calcoli scritti e a mente, nell’incolonnare i numeri, ricordare le tabelline, ecc.).

Si può porre diagnosi di Dislessia a partire dalla fine della seconda elementare, ma già al termine della prima classe potremmo accorgerci che qualcosa non va. Ma cosa? Spesso si pensa che alcuni bambini non si applichino abbastanza nello studio o che non abbiano voglia di finire i compiti perché preferiscono fare altro, e che sia questa svogliatezza a determinare lo scarso rendimento scolastico. Sebbene questo sia sicuramente possibile, ci sono però molti bambini che hanno realmente delle difficoltà che impediscono loro di svolgere una normale attività didattica. Ci troviamo di fronte a ragazzini che, a casa, lottano costantemente, per ore, con i genitori perché non vogliono fare i compiti; immaginate lo sforzo sia mentale che fisico che questi bambini mettono in atto ogni giorno, per tutto l’anno scolastico. Se fossero solo svogliati non sarebbe più facile per loro concentrarsi un paio d’ore sul compito, per poi andare a giocare? Il bambino dislessico, semplicemente, non può fare meglio di quello che fa perché non ne ha gli strumenti. È una vera e propria tortura per lui (che già a scuola perde di autostima e si sente inadeguato rispetto ai compagni di classe) dover tornare a casa a mettersi nuovamente con la testa sui libri cercando di leggere e sentirsi rimproverato dai genitori, oltre che dagli insegnanti. È come se qualcuno ci portasse in Russia e ci obbligasse a leggere e scrivere in cirillico: potremmo imparare qualche lettera, qualche parola, ma se nessuno ci guidasse in modo adeguato nell’apprendimento della lingua sarebbe inutile passare ore a leggere brani da soli; non potremmo riuscirci.

La Dislessia è un disordine del Neurosviluppo: significa che il cervello del bambino si sviluppa in modo diverso da quello dei “normolettori”, prende una via alternativa. Per cui il piccolo dislessico necessita di alcune accortezze, strumenti compensativi e dispensativi ed un Piano Didattico Personalizzato, che lo guidino nell’apprendimento. In più è necessario rivolgersi ad uno o più professionisti che seguano il bambino facendogli svolgere training specifici per migliorare le abilità di lettura, scrittura e calcolo (a seconda dei casi) tendendo conto del livello di apprendimento già raggiunto dal bambino: se ad esempio il piccolo fallisce nella discriminazione visiva della lettura, e quindi confonde ancora p,q, d,b in base alla loro forma, si dovrà lavorare su questo specifico problema per poter poi andare avanti nelle successive fasi si sviluppo della letto – scrittura (che sono quelle identificate dal modello di Uta Frith nel 1985).

In conclusione, prima di arrabbiarvi con vostro figlio se non rende bene a scuola, assicuratevi che non abbia delle reali difficoltà. Ricordiamoci sempre che i bambini sono curiosi e ricettivi, di solito a loro piace andare a scuola ed imparare cose nuove: se questo non succede, forse, c’è qualche cosa su cui andare ad indagare.

Letture consigliate:

Gianluca Lo Presti, “Nostro figlio è dislessico. Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA” –

Erickson editore.

Fonti:

Vio, C., Tressoldi, P.E., Lo Presti, G. (2012). Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico. Trento: Erikson.

“Consenus Conference”, I disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento: raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus Conference, Circolo della Stampa, Milano (2007), pubblicato integralmente sul sito aiditalia.it.

Frith, U. (1985). Beneath the surface of developmental dyslexia, in Surface Dyslexia. Londra: Erlbaum, pp. 301-330.

Vicari, S., Caselli, M. C. (a cura di) (2010). Neuropsicologia dello sviluppo. Bologna: il Mulino.

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