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L'importanza dei sentimenti

  • Traduzione a cura di Gabriella De Stefano
  • 4 ago 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

L'intervista originale in lingua inglese è visionabile a questo link: https://www.technologyreview.com/s/528151/the-importance-of-feelings/

Il neuroscienziato Antonio Damasio spiega in che modo la mente emerge da emozioni e sentimenti.

Per decenni i biologi hanno disdegnato le emozioni ed i sentimenti non ritenendoli interessanti. Ma Antonio Damasio ha dimostrato come essi siano centrali per i processi vitali di regolazione di quasi tutte le creature viventi. L’intuizione essenziale di Damasio è che i sentimenti sono “esperienze mentali degli stati corporei”, che sorgono quando il cervello interpreta le emozioni, le quali sono esse stesse stati fisici che nascono dalla risposta del corpo a stimoli esterni. (L’ordine di tali eventi è: mi sento minacciato, sperimento paura, sento orrore.) Egli ha suggerito che la consapevolezza, sia il primitivo “nucleo di consapevolezza” degli animali che la più estesa auto concezione di sé degli esseri umani, che richiede memoria autobiografica, emerga dalle emozioni e dai sentimenti.

La sua intuizione, datata nei primi anni ’90, nasce dallo studio clinico di lesioni cerebrali in pazienti impossibilitati a prendere decisioni efficaci perché le loro emozioni erano alterate, ma la cui capacità di pensiero razionale non era intaccata – ricerche rese possibili dagli studi neuroanatomici di sua moglie, frequente sua co-autrice, Hanna Damasio. Più recentemente, strumenti come le tecniche di neuroimaging funzionale, che misurano la relazione tra processi mentali ed attività in parti specifiche del cervello, hanno coadiuvato l’uso che Damasio fa della neuroanatomia.

Come docente di neuroscienze all’Università della California del Sud, Damasio ha scritto quattro interessanti libri che spiegano la sua ricerca ad un pubblico più ampio e mettono in relazione le sue scoperte con le più autentiche preoccupazioni della filosofia. Egli crede che la ricerca neurobiologica abbia uno scopo chiaramente filosofico: “la voce dello scienziato non deve essere una mera registrazione della vita così com’è”, scrive in uno dei libri su Cartesio. “Se solo noi lo volessimo, una più profonda conoscenza del cervello e della mente aiuterà a raggiungere…la felicità”.

Antonio Damasio ha parlato con Jason Pontin, caporedattore di MIT Technology Review.

Quando lei era un giovane scienziato, alla fine degli anni ’70, l’emozione non era vista come un vero e proprio campo da indagare.

Ci veniva detto molto spesso, “Bene, vi perderete, perché non c’è assolutamente nulla di interessante.” Eravamo derisi per la nostra povera scelta.

Poi cosa successe?

William James aveva affrontato le emozioni in modo ricco ed intelligente. Ma la sua idea [principalmente che le emozioni erano una mappatura cerebrale degli stati del corpo, idea che Damasio ha rivitalizzato e verificato sperimentalmente] portò ad enormi controversie all’inizio del ventesimo secolo, che si conclusero con un nulla di fatto. In qualche modo i ricercatori ebbero la sensazione che l’emozione non sarebbe stata, in fondo, sufficientemente distintiva – perché anche gli animali sperimentano le emozioni. Ma ciò che gli animali non hanno, si dissero i ricercatori, è un linguaggio come il nostro, né ragione, né creatività. Quindi studiamo questo, pensarono. Ed in effetti, è vero che la maggior parte delle creature sulla faccia della Terra hanno qualcosa che potrebbe essere chiamata emozione, e qualcosa che può essere definita sentimento. Ma ciò non significa che noi umani non usiamo emozioni e sentimenti in modi particolari.

Perché noi abbiamo un senso di sé cosciente?

Sì. Ciò che è distintivo negli umani è che noi facciamo un uso fondamentale dei processi di regolazione della vita che include cose come emozioni e sentimenti, ma noi li connettiamo con processi intellettivi in un modo che ci permette di creare un intero nuovo mondo intorno a noi.

Cosa l’ha reso così interessato alle emozioni come area di studio?

C’era qualcosa che mi attirava a causa del mio interesse per la letteratura e per la musica. Era un modo per combinare quello che era importante per me con quello che pensavo stesse per diventare importante a livello scientifico.

Cosa ha imparato?

Ci sono determinati piani d’azione che sono ovviamente installati in modo permanente nei nostri organi e nel nostro cervello in modo che noi possiamo sopravvivere, prosperare, procreare ed infine morire. Questo è il mondo della regolazione della vita – omeostasi – verso il quale io nutro tanto interesse , e ciò copre un ampio raggio di stati corporei. C’è un piano di azione della sete, che ti porta a cercare acqua quando sei disidratato, ma c’è anche un piano d’azione per la paura quando sei sotto minaccia. Una volta che il piano d’azione si è avviato ed il cervello ha avuto la possibilità di mappare ciò che è successo nel corpo, allora questo conduce all’emergere degli stati mentali correlati. Durante il piano d’azione della paura una serie di cose che mi cambiano avvengono nel mio corpo e mi fanno comportare in un certo modo, che io lo voglia o meno. Mentre ciò mi sta accadendo, io ho una rappresentazione mentale di questo stato corporeo così come ho una rappresentazione mentale di quello che mi ha spaventato.

E da questa “mappatura” di qualcosa che è successa nel corpo nasce un sentimento, che è diverso da un’emozione?

Esattamente. Per me è molto importante separare l’emozione dal sentimento. Dobbiamo separare la componente che viene fuori dalle azioni, dalla componente che viene fuori dalla nostra prospettiva su queste azioni, che è il sentimento. Curiosamente, questo è anche il modo in cui emerge il sé, e la coscienza stessa. La mente inizia al livello del sentimento. È quando hai un sentimento (anche quando sei una creatura molto piccola) che inizia ad avere una mente ed un sé.

Ma questo implicherebbe che solo le creature con un senso delle loro menti pienamente formato possano avere delle sensazioni (sentimenti ndt.) pienamente formate?

No, no, no. Io sono pronto a dare al più minuscolo cervello di un insetto - a condizione che abbia la possibilità di rappresentare i suoi stati corporei – la possibilità di avere dei sentimenti. In effetti, sarei sbalordito nello scoprire che non li hanno. Ovviamente, ciò che gli insetti non hanno è tutto l’intelletto intorno a quelle sensazioni che potrebbe utilizzarle: per trovare un ordine religioso, o sviluppare una forma d’arte, o scrivere un poema. Loro non lo possono fare; ma noi possiamo. In noi, l’avere dei sentimenti in qualche modo ci permette anche di avere creazioni che sono risposte a quei sentimenti.

Ci sono altri animali che hanno un certo tipo di responsività alle loro sensazioni?

Non sono sicuro di aver compreso la domanda.

I cani sono consapevoli di quello che provano?

Certo. Certamente i cani si sentono.

No, non “i cani si sentono”? Intendevo: il mio cane, Ferdinando, è cosciente di sentirsi? Ha dei sentimenti riguardo il suo sentirsi?

[Pensa] Non lo so. Avrei i miei dubbi.

Invece gli esseri umani sono certamente coscienti di essere reattivi.

Sì. Noi siamo consapevoli delle nostre sensazioni e consci della piacevolezza o spiacevolezza a loro associate. Vedi, quali sono le sensazioni realmente potenti con le quali hai a che fare ogni giorno? Desideri, appetiti, fame, sete, dolore – queste sono le cose di base.

Quanta parte della struttura della civiltà è deputata al controllo di queste cose base? Spinoza dice che la politica cerca di regolare tali istinti per il bene comune.

Non avremmo la musica, l’arte, la religione, la scienza, la tecnologia, l’economia, la politica, la giustizia o la filosofia morale senza la forza impellente dei sentimenti.

Le persone reagiscono in modo prevedibili indipendentemente dalla loro cultura? Per esempio, tutti percepiscono il tono minore della musica occidentale come triste?

Oggi ne sappiamo abbastanza da rispondere sì a questa domanda.

Al Brain and Creativity Institute [di cui Damasio è il direttore] abbiamo fatto degli studi cross-culturali delle emozioni. All’inizio pensavamo che avremmo trovato dei pattern molto diversi, soprattutto per quanto riguarda le emozioni sociali. In effetti però, non è stato così. Che tu stia studiando un cinese, un americano o un iraniano, ottieni sempre risposte molto simili. Ci sono molte sottigliezze o molti modi in cui alcuni stimoli elicitano diversi pattern emozionali di risposta con diverse intensità, ma la presenza di tristezza o gioia è presente con una uniformità che è fortemente e meravigliosamente umana.

Le nostre emozioni potrebbero essere amplificate con impianti o qualche altra tecnologia che si interfacci con il cervello?

Da quanto possiamo capire dei processi neuronali che stanno dietro ad ognuna di queste complesse funzioni, una volta fatto, la possibilità di intervenire è sempre lì. Ovviamente noi ci interfacciamo con le funzioni del cervello in qualsiasi momento: con la dieta, con l’alcool e con i farmaci. Quindi non è che gli interventi chirurgici siano una grande novità. Ciò che sarebbe nuovo è fare questi interventi in modo pulito, tale da renderli molto mirati. No, il problema più serio sono le controversie morali che potrebbero sorgere.

Perché?

Perché dipende da quale scopo l’intervento vuole raggiungere.

Supponiamo che l’intervento sia finalizzato a ridarti la capacità perduta di muovere un arto o di vedere, o di sentire. Avrei qualche problema morale? Ovviamente no. Ma se l’operazione interferisce con stati del cervello che sono influenti nel tuo modo di prendere decisioni? In quel caso entriamo in un regno che dovrebbe essere riservato solo alla singola persona.

Quale è stata la tecnologia più utile per comprendere le basi biologiche della

coscienza?

Le tecniche di imaging hanno dato un potente contributo. Allo stesso tempo però, sono dolorosamente consapevole del fatto che esse sono limitate nei dati che ci danno.

Se lei potesse desiderare l’esistenza di una tecnologia migliore per osservare il cervello, quale sarebbe?

Vorrei non andare solo su un livello, perché non penso che le cose realmente interessanti accadano solo ad un singolo livello. Quello che ci serve sono nuove tecniche per capire le interrelazioni tra i vari livelli. Ci sono persone che hanno passato buona parte della loro vita studiando sistemi, ed è il caso di mia moglie e della maggior parte delle persone nei nostri laboratori. Abbiamo fatto il nostro lavoro sulla neuroanatomia, e siamo andati a livello cellulare solo occasionalmente. Ma adesso stiamo studiando lo stato delle funzioni degli assoni [fibre di nervi nel cervello], e ci serve disperatamente un modo per passare da quello che abbiamo trovato a livelli sempre più alti.

Come dovrebbe essere questa tecnologia?

Non lo so. Deve essere inventata.


 
 
 

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