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Psicologia e Quarantena

  • Immagine del redattore: Gabriella De Stefano
    Gabriella De Stefano
  • 22 mar 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

L’emergenza sanitaria in corso nel nostro Paese e nel mondo, ci ha messo di fronte ad un nuovo modo di vivere la nostra quotidianità: alcuni di noi hanno scoperto lo smart working, altri sono purtroppo stati licenziati, altri ancora erano già senza lavoro, ma tutte queste categorie di persone sono accomunate dal fatto che adesso, forzatamente, siamo costretti a restare a casa ed uscire il meno possibile. La quarantena porta necessariamente ad una situazione di isolamento sociale: anche quando siamo in casa con dei familiari abbiamo comunque un numero di relazioni sociali molto più ristretto rispetto a prima. Per l’essere umano, che è un animale sociale, questa situazione può diventare un grave problema e può condurre a sviluppare sintomi psicologici anche importanti. Non sarà così per tutti ovviamente, poiché alcune persone hanno una capacità di resilienza e di adattamento maggiore rispetto ad altri; ma sicuramente a tutti noi capiterà, durante questo periodo, di sperimentare alcuni stati mentali che sono già stati osservati in altre popolazioni durante periodi di quarantena (ad esempio durante le quarantene imposte per l’epidemia di SARS del 2002/2003).


Vediamo insieme quali possono essere alcune delle conseguenze psicologiche di quarantena ed isolamento.

  • Sentimenti di solitudine. Questa è certamente una delle conseguenze più diffuse, soprattutto tra le persone che vivono da sole, magari lontane dai loro genitori, amici e parenti. Cosa possiamo fare? Fortunatamente oggi la tecnologia ci viene incontro, e possiamo sfruttarla per tenerci in contatto minuto per minuto con le persone che amiamo. Possiamo non solo telefonare o mandare messaggi, ma addirittura vederci e fare delle attività insieme tramite videochiamata. Avete mai pensato di organizzare un pomeriggio con gli amici, ad esempio cucinando qualcosa insieme? Oppure, se qualcuno è particolarmente bravo a creare qualcosa manualmente, si potrebbe organizzare una sorta di tutorial di gruppo per fare qualcosa insieme. Così passeremo il tempo in compagnia, seppur virtuale, e ci sentiremo meno soli.

  • La creatività di cui vi parlavo prima ci porta al secondo punto: il senso di impotenza che probabilmente sentiamo in una situazione come quella che stiamo vivendo. Siamo chiusi in casa, non possiamo fare nulla per fermare il contagio se non attenerci alle regole che ci impongono, appunto, di non fare niente fuori casa. Non possiamo raggiungere i nostri cari ed essendo lontani è difficile fare qualcosa per loro, nel caso avessero bisogno. Dunque che fare per contrastare questo spiacevole sentimento? Possiamo fare qualcosa, ovvero creare, progettare il futuro, scrivere articoli relativi al nostro lavoro, scrivere un libro o un diario. Insomma, qualsiasi cosa che si debba fare manualmente e che attivi la nostra creatività, ci sarà utile per sentirci potenti (cioè che possiamo, che siamo efficaci, che siamo attivi) in quel momento. Prendiamoci questo tempo per imparare cose nuove che ci piacerebbe fare, anche qui ci aiuta la tecnologia: su internet possiamo trovare tutorial relativi pressoché a qualunque cosa!

  • Confusione. Usciamo per andare a fare la spesa e la città è deserta; al supermercato ci sono file lunghissime per entrare, molti indossano guanti e mascherine, tutti si tengono a più di un metro di distanza l’uno dall’altro. Insomma, sembra di essere in uno dei film apocalittici che abbiamo visto tante volte al cinema. Lo scostamento tra quella che è la realtà a cui siamo abituati e la nuova realtà che viviamo ci può confondere, ci può dare un senso di derealizzazione, cioè una percezione del mondo esterno come distorto, estraneo. La confusione che percepiamo è dovuta anche alla mole di informazioni che riceviamo ogni giorno rispetto alla situazione sanitaria. In questo caso la tecnologia può essere uno svantaggio, perché spesso ci troviamo a leggere o ascoltare fake news che danno informazioni divergenti da quelle ufficiali; perciò è importante informarsi solo da fonti attendibili, ricercare informazioni chiare e affidabili. A volte i dati che ascoltiamo possono sembrare incoerenti tra loro, ma spesso questo succede perché il fenomeno viene studiato dagli esperti da punti di vista differenti ma non per questo inconciliabili. Dobbiamo allenarci a staccarci dai nostri pregiudizi ed analizzare le informazioni in modo lucido, cercando coerenza e fidandoci degli organismi nazionali ed internazionali più autorevoli (Ministero della Salute, Protezione Civile, Istituto Superiore di Sanità, Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.).

  • Mancanza di controllo e mancanza di uno scopo. Ecco, quando siamo in casa tutto il giorno può capitare che perdiamo i nostri ritmi abituali, così come succede quando andiamo in vacanza e ci rilassiamo, oppure quando la domenica passiamo tutto il pomeriggio sul divano. A lungo andare questa situazione ci porta a sentire che stiamo sprecando le nostre giornate e la nostra vita. Che non abbiamo, appunto, uno scopo. E se ci lasciamo andare è effettivamente vero che stiamo sprecando giorni preziosi. Allora, per evitare questo, innanzitutto può essere utile programmare le attività della giornata; decidiamo un orario per ogni cosa: la colazione, il pranzo, le pulizie, lo studio, l’attività fisica (che è anche fondamentale per la produzione di endorfine, che sono gli “antidepressivi” naturalmente prodotti dal nostro cervello), il lavoro, il gioco con i bambini, e così via. In questo modo possiamo riprendere il controllo almeno sulla quotidianità. Fatto ciò, potremmo sentire di fare qualcosa di ulteriore e dunque possiamo, ad esempio, fare beneficenza o volontariato; possiamo andare a donare il sangue; possiamo offrirci per fare la spesa ai nostri vicini di casa anziani per evitare che escano loro che sono più vulnerabili al contagio. Aiutare l’altro è sempre fonte di soddisfazione personale, basta anche solo preparare un dolce o una cena e calarli giù al balcone dei vicini del piano di sotto, magari con un paniere, così evitiamo i contatti ravvicinati!


E se questi suggerimenti non dovessero bastare per affrontare il disagio che viviamo, possiamo sempre rivolgerci ad un professionista, uno psicologo che ci dia supporto – a distanza, per ora – e che ci guidi a trovare e mettere in atto le strategie migliori per noi. Questo è importante soprattutto per prevenire disagi successivi al periodo di isolamento che possono condurre a veri e propri disturbi come disturbi dell'umore, disturbi d'ansia, disturbo post-traumatico da stress; la professoressa Laura Hawryluck dell'Università di Toronto ha condotto, nel 2005, una ricerca su un gruppo di persone messe in quarantena durante l'epidemia di SARS. I risultati hanno mostrato un tasso di Disturbo Post-Traumatico da Stress del 28% ed il 31% degli intervistati presentava sintomi Depressivi.

Dunque, non esitate a chiedere supporto ad un professionista se vi accorgete di non riuscire a gestire la situazione da soli.



Bibliografia:

SARS control and psychological effects of quarantine, Toronto, Canada.

 
 
 

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